L’amore gradito a Dio
Nell’esperienza spirituale di Chiara ha un posto determinante il Vangelo. Lo medita assiduamente, ed è convinta che per essere una cristiana autentica deve «viverlo sino in fondo».
La lieta notizia è tutta imperniata sull’amore. Dio ha qualificato se stesso come “Amore” (1 Gv 4, 16); e poiché ci ha creati “a sua immagine e somiglianza” dobbiamo ritenere che per noi il valore più alto da realizzare progressivamente nella vita consiste appunto nell’amare.
Chiamati a imitare Dio –“Fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi” (Ef 5, 1)- abbiamo però la consapevolezza che un tale impegno supera le nostre possibilità. E infatti Dio stesso prende l’ iniziativa di parteciparci la forza necessaria per amare nella maniera a lui gradita: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rom 5, 5).
Spetta a noi di implorare questa grazia, ringraziare per un dono così inestimabile e adoperarci con tutte le forze per cooperare con l’iniziativa divina, elevando gradualmente la qualità del nostro amore verso Dio e il prossimo.
Dalla Parola rivelata e dalla storia della spiritualità cristiana conosciamo le caratteristiche a cui mirare perché il nostro amore sia gradito a Dio. Anzitutto, deve essere riconoscente: grato, cioè, di ricevere dalla bontà divina l’indispensabile aiuto della grazia.
È disinteressato: non attende di ricevere amore ma lo dona di propria iniziativa; e persevera anche quando non riceve riconoscenza; soprattutto non finalizza l’affetto a vantaggi personali. È puro, nel senso che si fa scrupolo di non cooperare in nessun modo al male con le persone a cui si rivolge.
Ancora: è generoso, poiché non si limita a donare secondo la misura minima. Un amore genuino, inoltre, dev’essere forte: pronto a compiere sacrifici, anche grandi, richiesti dai bisogni del prossimo o dai disegni misteriosi della Provvidenza.
Al tempo stesso, sarà misericordioso, ossia comprensivo della debolezza umana, e pronto a donarsi nonostante i difetti dei fratelli.
Infine, è umile, perché conscio della propria imperfezione e dei progressi da compiere: pertanto, sempre proteso al miglioramento; perseverante nel tempo, e fiducioso sia nell’aiuto costante di Dio, sia nella promessa di giungere a condividere, col Risorto, la pienezza della bontà.
† Mons. Livio Maritano