Dalla fede all’amore
Affinché l’Anno della fede ci sia proficuo occorre che ognuno di noi si renda consapevole della propria condizione di credente, ossia della disposizione attuale nel credere in Dio e a tutto ciò che egli ci ha rivelato, secondo quanto la Chiesa ci propone.
E’ anzitutto dono di grazia, alla si deve unire la nostra personale cooperazione, poiché la fede progredisce con lo sviluppo delle proprietà che la caratterizzano, cioè nella misura in cui la rendiamo consapevoli di ciò che Dio ci ha rivelato, lo professiamo con franchezza, ci sforziamo di praticare quanto egli ci chiede. In effetti in noi la fede matura rendendosi operosa nel compiere per amore la volontà divina e nella dedizione al prossimo sull’esempio di Cristo.
Infatti, “la fede opera per mezzo dell’carità” (Gal 5,6). Ci attira ad amare Dio al di sopra di tutto e ad amare il nostro prossimo come noi stessi, secondo l’insegnamento e l’esempio di Gesù: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15,12). Su questa fraternità saremo giudicati: ”Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).
Non è possibile amare Dio come Padre se non ci dedichiamo al bene dei suoi figli, nostri fratelli. Anche nell’amore fraterno la beata Chiara si è prodigata con perseverante dedizione. Fin dall’infanzia rivela un animo benevolo e generoso verso le persone in difficoltà. E’ la fede e l’amore per Gesù a ispirare i sentimenti di benevolenza e le iniziative intraprese per venire loro incontro. Osserva on ammirazione la bontà di Dio, che fa sorgere il sole non solo sui buoni, ma su tutti i suoi figli. L’affetto per Gesù la rende generosa e attiva nel procurare aiuto, gioia, ospitalità e festa a chi si sente solo, sfortunato e sofferente.
Con la crescita scopre nuove situazioni di sofferenza. Insieme ai poveri e agli emarginati, attirano la sua benevolenza operosa le persone anziane ricoverate nella casa di riposo: accompagna volentieri i genitori nel loro servizio di volontariato. Tra le compagne non mancano quelle meno dotate o poco simpatiche. Anziché lasciarsi condizionare dall’antipatia, si propone di avvicinarle con preferenza. Sarà però la dura esperienza della malattia a renderla sempre più comprensibile e premurosa nell’accogliere le persone che le fanno visita, nel prestare ascolto ai loro problemi e nell’offrire appropriati suggerimenti, sempre nella ricerca della volontà di Dio.
Sono mesi di vero apostolato. Sorprende la sua generosità nel vincere dolore e stanchezza, ma la sua parola è resa più efficace dalla testimonianza di fede e dall’offerta della sofferenza. Dimentica si sé, prende l’iniziativa di seguire col telefono amici e amiche. Si fa tutta a tutti, unendo ai consigli e suggerimenti la testimonianza di fede e di costante serenità: una creatura sempre più unita a Dio e certa del Paradiso.
Lo confermano parecchie testimonianze: “Credevamo di andare a farle compagnia, ma eravamo noi a uscire da quella camera arricchiti nello spirito e pieni di gioia, quella vera”. O ancora: “Vicino a lei non si sentiva mai, neanche per un attimo, il peso della malattia, del dolore. Stando accanto al suo letto ero io ad avere la netta percezione di essere la malata, l’invalida. Sentivo di doverle chiedere una mano; ma in verità non occorreva chiederle nulla; bastava guardarla per imparare ad amare sempre. Rientrando a casa, avevo anch’io la certezza di aver vissuto un momento di paradiso”. “Incontrare Chiara era trovare una persona che non ha mai perso la gioia, benché fosse ammalata. In lei, inoltre, era viva la preoccupazione di portare Dio agli altri”.
† Mons. Livio Maritano
Foto: Positio Super Vita, Virtutibus et Fama Sanctitatis