La pagina bianca
Questa, con tutte le sue ragioni, dovrebbe rimanere una pagina bianca. Una provocazione a rileggere, in sintesi le tante pagine di mons. Livio Maritano. A lasciarsi, perché così era il suo scrivere, prendere per mano e guidare di riga in riga a riscoprire la presenza del Signore che conduce alle sole cose necessarie della vita, anzi, all’Unico Necessario, Lui e ancora Lui e sempre Lui.
Mi rivedo studente di liceo e, al professore di filosofia rivelo il mio turbamento al pensiero della morte e si apre un dialogo lungo 50 anni fino alla domenica 4 maggio quando a poche ore dal Mistero pasquale che sta per abbracciarlo mi ripete, guardando il Crocifisso: «Ricordati che solo Gesù ci è necessario». Torna alla mente il giorno dell’Ordinazione, la sua telefonata: «Sono contento che sei arrivato. Ma ora tutto comincia…». E infinite volte mi ripeterà di trovare la mia realizzazione più che nei sogni, progetti, aspirazioni, nel sapere che Egli mi è accanto in ogni “presente” e la mia preoccupazione deve essere che Egli cresca e io diminuisca.
Il suo scrivere era come il suo parlare e la lettura o l’ascolto rivelava la continuità di un sorriso cangiante tra lo stupore, l’accoglienza, con me talvolta la benevola ironia e l’incoraggiamento al proseguire.
È stato lui a farmi conoscere la vita di Chiara Luce per ravvivare il mio ministero di prete nella scuola a contatto con generazioni di giovani e in parrocchia nella pastorale dei ragazzi. La sua era una misura alta del cristianesimo e Chiara che egli come vescovo aveva cresimato ne era la reale, possibile, concreta dimostrazione.
Così venne nella mia parrocchia da Acqui, a raccontare di questa ragazza che di fronte al muro che si ergeva nel bel mezzo della giovinezza seppe con la presenza di Gesù attraversare la prova, farne una occasione di serena anche se guadagnata testimonianza, fino a essere l’unico obbiettivo dei giorni contati. Con i ragazzi della nuova parrocchia siamo stati sul posto, a Sassello, a toccare con mano che non si trattava di una favola e che questa ragazza aveva messo in cristi gli stessi medici. Autosuggestione religiosa o consegna a un abbraccio che la rendeva forte?
Ricordo di Monsignore la gioia a Roma al santuario del Divino Amore e a San Paolo fuori le mura per la beatificazione. Era come se la sua vita di prete, di vescovo, di insegnante e di padre della fede, avesse raggiunto il suo scopo: anche oggi, anche dei giovani, anche nella prova di dove lasciare questa vita, l’offerta di Gesù della Vita, quella abbondante è vincente, realizzante, dà il senso di una esistenza, lunga o breve diventa secondario.
Ho provato a dire qualcosa. Forse però l’idea della pagina bianca, perché ognuno possa raccogliere di Monsignore il testamento della sua vita, non era peregrina… A chi l’ha letto qui, conosciuto, frequentato rimane un personale dovere perché nessuno vive o muore per se stesso: questa o quella sua caratteristica, dono del Signore, non deve morire: l’avrò io!
Don Ezio Stermieri
Credere all’Amore: 2 – Agosto 2014 – Anno XI