LA PAROLA, FIUME DI ACQUA VIVA – Maggio 2022
Quando l’Apostolo Paolo, in una parola, sintetizza la sua avventura esistenziale: “per me il vivere è Cristo” lascia a ogni cristiano, raggiunto da Gesù e messo in cammino come testimone del Vangelo, il programma per ogni giorno, ogni situazione, al bivio del senso da dare a ogni scelta di vita. Dove, oggi, risuona la Parola che è Gesù che chiama a stare con Lui per diventare partecipi della sua missione, dove lo Spirito rende contemporaneo il Cristo è la Chiesa.
Al Vaticano II (LG) essa prende coscienza di essere in Cristo come Sacramento: tempo, spazio, persone che diventano “segno efficace” che anche nel nostro “oggi” è possibile la santità: essere strumento del Signore per guarire, consolare, imporre le mani per rassicurare: Dio ti protegge, Gesù chiama anche te alla missione che prende la forma secondo il dono dato a ciascuno.
E la Chiesa, nel Tempo Pasquale, nella sua liturgia quotidiana, pone i cristiani in ascolto degli Atti degli Apostoli, di quel primo momento, di quei primi passi dei credenti perché alla predicazione degli Apostoli hanno aderito alla Fede, di quel momento sorgivo del fiume di acqua viva che avrebbe attraversato la storia, portato fecondità di bene fi no ai confini della terra.
Potrebbe essere un buon proposito immergere la propria quotidianità dentro a quelle pagine che Luca, l’Evangelista, vede come continuazione della narrazione del Gesù della storia nel Cristo della Fede la narrazione che consegna ad ogni Teofilo: amico di Dio. La lettura comunitaria con approfondimento personale porta senza dubbio a più salutari acquisizioni.
A mo’ di esempio. Per noi così determinati a far coincidere il contenuto della fede con il nostro piccolo comprendonio è riservata la riscoperta che la fede nasce dall’Ascolto dell’Altro. In Atti è Pietro, è Paolo l’annunciatore, il portatore del kerigma. In Pietro siamo resi consapevoli di una lettura della storia dove in passato emerge la fedeltà di Dio che ha parlato e oggi si è comunicato in Gesù di Nazareth, il presente; ogni presente è responsabile della morte innocente di Cristo, ma Dio lo ha risuscitato. E noi siamo testimoni.
Nasce spontaneo il: ‘che cosa dobbiamo fare’ e, ancor più profondamente, come dobbiamo essere’… per fare. La risposta è valida anche per noi: prendere le distanze dalla mentalità del mondo, dalla sola materialità del nostro essere in una continua connessione al Vangelo, a Cristo che è il Vangelo!
Paolo pone il kerigma, l’annuncio fondamentale della fede nella dinamica della Chiesa: trasmettere quanto ricevuto. Da una generazione all’altra, da una cultura all’altra, da una classe sociale all’altra… superando che la fede delimiti un popolo, una latitudine, da un tipo di fede che ritenendosi superiore finisce per scivolare nella razza superiore. La fede salva se, dice Paolo, la accogliete come ve l’ho annunziata: ‘che Cristo!’. Allora è salvezza.
Ancora. Potremmo riscoprire che l’adesione alla Fede genera la comunità cristiana, la Chiesa che vive nella sua particolarità, località e respiro universale che supera ogni barriera: Dio fattosi uomo diventa il paradigma dell’umanità tutta chiamata ad essere un solo corpo, un unico spirito, una sola speranza perché intrisa dall’unico amore: Dio Trinità.
Per noi cristiani di questa parte del mondo che di martirio ne sente solo parlare per quanto anche oggi sia attuale sarebbe opportuno che nel nostro piccolo siamo chiamati alla testimonianza, al non tirarci indietro quando in qualche modo ci è richiesto di rendere conto della nostra speranza. Testimoni del tanto bene che anche oggi si fa perché il Vangelo sia annunciato ai poveri. “In uscita” ci dice papa Francesco per dilatare il Regno di Dio oltre i nostri piccoli orizzonti perché non accada che ci venga tolto, ritorniamo pagani, ritorni la paura di Dio, schiacciati sulla casualità, incapaci di costruire la storia e di comprenderla… e venga dato a chi lo fa fruttificare.
Don Ezio Stermieri
Fonte: Credere all’Amore – N.1 -Maggio 2022 – Anno XIX